Corpi in movimento, corpi statici, corpi rigidi dentro le proprie armature.
L’armatura è una rappresentazione simbolica di una struttura muscolare contratta del corpo che, secondo la Bioenergetica, si traduce in energia bloccata che produce tensione, dolore o intorpidimento del corpo.
Questa armatura si sviluppa da bambini durante gli anni della crescita e diventa la forza trainante che forma la personalità: l’intera personalità di un individuo può essere compresa osservandone la postura. Il modo di parlare, camminare o muoversi nello spazio sono tutte manifestazioni di ciò che viene definita “struttura caratteriale”.
In un corpo sano c’è un movimento costante di energia: gli impulsi e le sensazioni nel corpo creano espansione e contrazione, ovvero la pulsazione energetica che definisce la nostra forza e la nostra vitalità di esseri umani.
Quando il pulsare naturale di carica, tensione, scarica e rilassamento è interrotto o limitato in qualche modo, c’è una forte riduzione della naturale vitalità e aumenta la possibilità di ammalarsi. La quantità di energia che un individuo ha a disposizione e il modo in cui la usa, è importante per comprenderne la personalità, il carattere e la salute.
L’armatura inibisce la capacità di esprimersi liberamente sia attraverso il corpo che verbalmente, riduce la capacità di provare sentimenti profondi e piacere sessuale.
La terapia bioenergetica utilizza tecniche corporee per aprire le aree del corpo interessate dal blocco, liberare l’energia e far tornare il corpo al suo stato di pulsazione naturale di carica, tensione, scarica e rilassamento. La terapia è un viaggio alla scoperta di sé stessi.
Il viaggio alla scoperta di sé non è mai concluso e non c’è terra promessa dove alla fine approdare.
La nostra prima natura non smetterà di eluderci, anche se continuiamo ad avvicinarla sempre di più. Uno dei motivi di questo paradosso è che viviamo in una società altamente tecnologica e complessa, che sempre più rapidamente ci allontana da quello stato di vita che rappresenta la nostra matrice originaria, condizioni che ci impongono costantemente uno stato di tensione.
La terapia ci riporta indietro in un passato dimenticato: ma questo passato non era un periodo tranquillo e sicuro, altrimenti non ne saremmo emersi pieni di cicatrici delle battaglie trascorse e chiusi nella corazza dell’autodifesa. Non è un viaggio che consiglio di fare da soli, anche se sono convinta che alcuni coraggiosi ne abbiano percorso le tappe senza nessun aiuto.
Il terapista funge da guida o da navigatore.
Ha imparato a riconoscere i pericoli e sa come affrontarli; è anche un amico che, quando la strada si fa difficile, offrirà sostegno e farà coraggio.
Dall’altro lato potresti domandarti, allora, che cosa ci guadagno sottoponendomi alla terapia se la tensione non scompare totalmente e se il viaggio in realtà non finisce mai. Per fortuna, chi entra in terapia in genere non è alla ricerca del Nirvana o del giardino dell’Eden. È una persona che vuole migliorare la propria salute, i propri stati d’animo, le proprie risposte alla quotidianità, talvolta disturbata o disperata, che ha bisogno di aiuto per proseguire il viaggio attraverso la vita. Un cammino che può aiutarla accrescendo la consapevolezza di sé, atta a promuovere l’autoespressione e a migliorare la padronanza di sé stessa.
Entrare in contatto col corpo non basta: bisogna anche mantenere questo contatto, e questo significa assumersi un impegno nei confronti della vita del corpo. Questo impegno non esclude la mente, ma esclude l’impegno verso un intelletto dissociato, verso una mente non attenta al corpo. L’impegno nei confronti della vita del corpo è l’unica garanzia che il viaggio abbia successo e si concluda con la scoperta di sé stessi e una vita aperta ad esperienze appaganti.